Il Barcellona dà un calcio all'esclusione sociale
Citando le parole di Kofi Annan, se la Fifa fosse una nazione, considerando i praticanti e chi è coinvolto attivamente a diverso titolo, sarebbe la quinta al mondo per popolazione. Includendo anche i supporter e gli spettatori la posizione sarebbe molto più elevata. Queste prerogative rendono il calcio un settore complesso, in cui si intrecciano la dimensione economica, quella sportiva e quella sociale; tre dimensioni che, in sinergia tra loro, possono svolgere un ruolo di rilievo anche all'interno di un modello di welfare.
Gli obiettivi potenziali dei club professionistici possono essere molteplici (vittorie sportive, profitti, visibilità della proprietà) e possono essere influenzati dal contesto locale di riferimento. In altri termini, i club possono essere interessati a sviluppare relazioni stabili e durature con il proprio territorio, tenendo così in considerazione la domanda di una comunità locale intesa nella sua accezione più trasversale e universale.
Da un lato, dunque, il calcio è un fenomeno socio-economico mondiale, dall'altro presenta una dimensione locale in cui la comunità e gli stakeholder locali rappresentano una grande risorsa intangibile potenziale: tradizioni, identità territoriale, coesione intorno a valori di fondo, intensità dei legami tra club e cittadini del suo territorio, formano una rete di relazioni sociali unica. I club professionistici possono utilizzare strategicamente questi valori intangibili sia come molla per affrontare l'internazionalizzazione, anziché come alibi per non affrontarla, sia per lo sviluppo locale, provando così a dare una risposta unitaria alle mutevoli esigenze dei cittadini della comunità.
Il Barcellona Football Club è un caso emblematico in cui l'embeddedness rappresenta una vera e propria risorsa su cui si centra la strategia competitiva della società anche a livello globale. Il suo modello partecipativo di governance consente sia di dare voce ai cittadini-soci catalani, sia di coinvolgere nella sua vita sociale soci stranieri provenienti dai paesi-mercati di interesse strategico per il club (per esempio il Giappone). La Fondazione Fc Barcellona eroga donazioni per la comunità catalana, gestisce numerosi progetti di solidarietà anche fuori dalla Catalogna e intrattiene rapporti sistematici con il non profit per consolidare il suo ruolo su aree di attività come sport, entertainment e cultura, in una regione in cui lo sport ed il Barcellona Fc sono stati storicamente simboli di democrazia e di libertà durante la guerra e i regimi autoritari. Il club ha creato l'Area sociale e l'Area rapporti istituzionali e ha avviato partnership internazionali (ad esempio con l'Unicef), creando così le condizioni per esportare il brand e la mission sociale del club anche in altri contesti
Un approccio che consente di avviare circoli virtuosi in cui obiettivi di crescita sociale, tipici del terzo settore, e obiettivi economici e sportivi, tipici dei club di calcio, si influenzano reciprocamente e positivamente.
I club professionistici che possono vantare un rapporto radicato e quasi simbiotico come quello tra il Barcellona e la comunità catalana non sono tantissimi, tuttavia quasi tutti i club di calcio possono disporre di un patrimonio di relazioni caratterizzanti l'ambiente sociale e economico in cui sono nati. In Italia, molte squadre, dalla Sicilia al Trentino, possono fare affidamento su tradizioni radicate, passione, senso di appartenenza, caratteristiche produttive e geomorfiche del territorio, presenza di distretti industriali o di governi pubblici locali sensibili alla crescita dello sport nella e per la società. Le azioni di gestione con carattere solidale e "glocale" da parte dei club, però, sono spesso frutto di iniziative isolate oppure di necessità contingenti, raramente fanno parte di un progetto strategico di medio-lungo periodo.
La comprensione e la valorizzazione di questi patrimoni possono diventare, come nel caso del Barcellona Fc, una leva competitiva per affrontare le sfide di uno sport sempre più globale oltre che per costruire sinergie produttive tra sport, economia e stakeholder sociali (comunità locali, non profit, istituzioni). Creando così un modello di welfare in cui anche lo sport professionistico diventa impresa sociale.