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Alessandro’s way

, di Andrea Celauro
Studente della Bocconi, Alessandro Naboni aspira a diventare regista come i suoi amati Leone e De Palma. Nel frattempo, fa pratica in una casa di produzione di spot pubblicitari

I gusti cinematografici di Alessandro Naboni, 25enne studente del Cleacc Bocconi, incallito cine-consumatore, stagista presso una casa di produzione pubblicitaria, nonché speaker di "One hour cinema", il programma dedicato ai 35 millimetri di Radio Bocconi, sono classici che più classici non si può. Adorazione per Leone, Scorsese, De Palma e Hitchcock e un rapporto di amore-odio con Antonioni. Giusto una deriva per Richard Kelly (Donnie Darko) e per Fernando Di Leo, regista di noir e polizieschi anni Settanta, negli ultimi anni tornato agli onori della cronaca grazie al pubblico plauso da parte di Tarantino. Molto di sacro e poco di profano, dunque, nelle scelte di Alessandro.

Film che non servono a fare da arredamento a casa Naboni ("ne ho un migliaio, tra videocassette e dvd"), ma che costituiscono le travi portanti di un sogno che gli frulla in testa da quando guardava i western e i polizieschi insieme alla nonna: fare il regista. Nel frattempo, visto che a 25 anni la strada ancora è lunga, Ale ha trovato il modo di dare sfogo concreto alla passione con uno stage presso la Chocolat Productions, casa milanese che produce spot pubblicitari. Per intenderci, sono loro alcuni recentissimi filmati della Cremeria, della Geox e degli orologi Festina. Per la Chocolat, Alessandro si occupa un po' di tutto, dalla selezione e montaggio degli spot che servono come portfolio per la scelta dei registi ai quali affidare le riprese, all'assistenza nei casting e durante la realizzazione vera e propria degli spot. "Nella creazione della pubblicità", racconta Alessandro, "la casa di produzione si trova infatti un po' tra l'incudine e il martello: da un lato ci sono le esigenze dell'agenzia pubblicitaria e del cliente committente, dall'altro quelle dei registi, che magari richiedono un particolare story-writer o direttore della fotografia". I compiti del giovane aspirante cineasta continuano anche nella fase di post produzione, "quando si tratta di tenere i contatti tra le varie strutture esterne". Un esempio? "Il processo di riversamento da pellicola per il montaggio dello spot, processo che si chiama 'telecinema', che è più complesso di quanto si creda, perché incide direttamente sulla qualità visiva/espressiva del girato". Il tutto, dall'inizio dei lavori alla consegna dei trenta secondi, con un occhio alle presentazioni per i clienti e uno ai consuntivi da non sforare.

"Per uno come me, interessato allaregia, è un ambiente molto stimolante. Ho avuto modo di conoscere alcuni registi di pubblicità, che magari non sono noti al grande pubblico ma molto famosi in questo mondo. E attraverso di loro sto cominciando a conoscere anche l'ambito che più mi interessa, quello artistico". Un'esperienza che gli è indubbiamente utile per la sua carriera futura, se deciderà di intraprenderla.

Non che stia con le mani in mano, nel mentre. Alessandro ha già girato alcuni documentari (tra i quali uno studio sull'interculturalità nel quartiere di Via Padova, a Milano) e alcuni corti e cortissimi: "Qualcuno di questi l'ho inviato al Future film festival di Bologna, uno al concorso (Movie&Co) per uno spot della Philips-Swarovski e l'ultimo l'ho realizzato per il concorso 'Young directors project' di Mini e Universal sul tema della passione e dell'ossessione". Nel filmato, una ragazza, seduta all'ipotetico tavolo di un ristorante con il fidanzato, combatte in realtà contro se stessa e la sua ossessione per la perfezione fino al tragico epilogo di un colpo di pistola. Ovviamente una 44 Magnum, vista la passione di Alessandro per i polizieschi.

Alla fine della Bocconi, "iniziata in ritardo a causa di un anno in medicina" (retaggio di antichi dissapori in famiglia, poi mediati dall'iscrizione al corso di laurea più 'artistico' tra quelli economici dell'ateneo), il desiderio di Alessandro è quello di andare ad affilare le armi all'estero. "Vorrei studiare regia negli Stati Uniti, magari alla Ucla, o in Gran Bretagna, per poter tirare le fila di ciò che so. Il bello delle scuole di cinema all'estero (in Italia, tra l'altro, ne abbiamo poche) non è tanto ciò che insegnano, ma l'ambiente nel quale sono immerse". Certo, a due passi da Hollywood, non è difficile crederlo.